PL42

Montenero d’Orcia, Grosseto
Collaboratore: Ana Luisa Costa e Silva Teixeira
Fotografia: Luca Argenton, Francesco Craca

Il Podere destinato all’intervento é composto da una residenza agricola, articolata in diversi volumi, e da piccoli annessi agricoli, di modesta qualità, che condizionano la relazione della casa con il suo intorno e limitano la visuale sul paesaggio.

Il nucleo principale è disposto in senso longitudinale rispetto all’andamento del terreno secondo una logica insediativa di tipo rurale in cui, anziché rivolgersi al paesaggio, le costruzioni erano edificate per parti, anche autonome e indipendenti, e in modo da ottenere ambienti interrati freschi sui quali poter costruire altri ambienti più salubri e aerati.

Questa disposizione dei volumi determina una divisione netta dello spazio esterno alla casa in due versanti isolati, est e ovest, accentuata dalla frammentazione interna dei fabbricati in sequenze di ambienti spesso non comunicanti.

Internamente, l’originaria suddivisione degli spazi e le ridotte dimensioni delle aperture limitano fortemente la luminosità e la relazione con il paesaggio.

L’intervento vuole migliorare l’integrazione del Podere con il paesaggio e conferire un rinnovato carattere ai diversi volumi che lo compongono sottolineandone differenze e identità.

Configura spazi interni anche inaspettati, caratterizzati dal dialogo tra vecchio e nuovo, e animati dal contrasto tra caratteri tipici dell’architettura vernacolare e essenzialità del linguaggio progettuale; manipola la originaria frammentazione degli ambienti per ri-comporre il paesaggio circostante come frammenti di un mosaico.

Il corpo centrale che impediva il collegamento tra i due fronti del terreno e tra volumi principali e accessori viene sostituito da uno spazio nuovo, vetrato su entrambi i fronti, che elimina la barriera visuale tra lato est e lato ovest del terreno e che collega la residenza principale e il corpo che sarà dedicato agli ospiti.

Un nuovo terrapieno configura una grande terrazza aperta sul paesaggio, una sorta di estensione all’aperto dello spazio domestico, che conferisce all’intero complesso, originariamente così isolato, una nuovo rapporto con il suo contesto.

Le facciate dei volumi adibiti a residenza principale si presentano come risultato di una disomogenea stratificazione di interventi e materiali diversi (tufo, laterizio, pietra, calce, intonaco e cemento), mentre il corpo per gli ospiti presenta facciate più omogenee, quasi esclusivamente in pietra a vista, in miglior stato di conservazione.

La originaria disposizione delle aperture è priva di ordine complessivo, determinata unicamente da fattori legati all’uso dei singoli ambienti.

Gli interventi sulle facciate cercano di arricchire l’organismo architettonico senza alterarne le proporzioni e le principali caratteristiche formali; vogliono determinare una rinnovata presenza della casa nel paesaggio, una maggiore armonia delle sue facciate, e una nuova e profonda relazione con gli spazi interni della casa.

All’interno l’intervento dissolve l’originaria frammentazione e discontinuità degli spazi e costituisce una fluida sequenza di ambienti, tutti caratterizzati da uno specifico rapporto tra funzione, paesaggio e nuova forma degli spazi. Il disegno dei controsoffitti configura in molte circostanze un nuovo “guscio” interno all’involucro originario come a costruire una casa nella casa.

L’esperimento intende determinare un inaspettato contrasto tra vecchio e nuovo, tra esterno e interno: pur conservando esternamente i tratti tipici dell’architettura vernacolare, al suo interno l’intervento rivela sequenze di spazi delimitati secondo un principio tipicamente neoplastico in cui la copertura, anziché costituire corpo unico con il resto dell’involucro, pare appoggiarsi su setti murari liberi e indipendenti. Le pareti acquisiscono così una nuova carica espressiva e i loro distacchi enfatizzano il passaggio tra gli ambienti.